Ma perché, perché, perché ? E’ difficile dare una risposta alla disputa israelo­-palestinese considerata la più complessa al mondo. Com’è noto, alla base del conflitto c’è un problema di reciproco riconoscimento: gli israeliani sostengono che i luoghi della Bibbia appartengano a loro mentre i palestinesi ritengono che gli ebrei siano invasori stranieri che non hanno alcun diritto di stabilirsi in una terra che loro abitano da secoli e secoli. Quindi a partire dal 1948 – anno in cui i sionisti hanno dichiarato lo Stato di Israele nei territori palestinesi – è scoppiata una guerra senza fine. E quando i palestinesi hanno capito che Israele era troppo forte per poterlo sconfiggere militarmente, si è passati alla lotta armata: Intifada e Olp (Organizzazione per la Palestina Libera).

Di fronte a questa situazione storica ed ingarbugliata, a noi interessa chiederci chi sia  il popolo che subisce e soffre a causa delle prepotenze dell’altro. Perché per ragioni di “giustizia umana ed etica” dobbiamo sempre stare al fianco dei più deboli, delle vittime, anche se gli effetti collaterali della sofferenza si riverberano sui prepotenti. Orbene, in questa disputa non c’è dubbio che c’è chi combatte con le mani e chi con i missili americani. E invece c’è ancora qualcuno che tifa per Israele. Ecco un altro male: la tifoseria alimentata dall’ignoranza mista all’interesse.

Ma andiamo ai fatti di questi giorni. L’escalation nasce da un’antica battaglia legale che riguarda un quartiere di Gerusalemme Est amministrato dai palestinesi (la parte ovest invece è sotto il governo israeliano). Diverse famiglie palestinesi rischiano di essere sfrattate da alcune case che vennero donate loro nel 1956 dal governo della Giordania e dall’ONU. Però quelle case erano di proprietà di alcuni ebrei che si erano allontanati a causa delle violenze della prima guerra del 1948. Lo sfratto fa leva sulla legge israeliana la quale prevede che tutti gli ebrei che hanno lasciato le proprie case nel 1948 possano rientrarne in possesso. Peccato però che lo stesso diritto non venga riconosciuto anche ai palestinesi. Peraltro, le case si trovano a Gerusalemme Est, che secondo la comunità internazionale dovrebbe essere sottoposta alla legislazione palestinese. Quindi dalla protesta contro gli sfratti si è passati rapidamente ai razzi di Hamas a cui hanno fatto eco i bombardamenti dissennati degli israeliani. Risultato: spirale di violenza, con centinaia di morti palestinesi, tra cui svariate decine di bambini, a fronte di una decina di morti israeliani. Sostanzialmente una sorta di rappresaglia, come facevano i tedeschi con gli ebrei e i partigiani. Quanto bisogna attendere ancora per dare uno Stato indipendente ai palestinesi? Quanti altri morti bisogna piangere?

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