I fatti li conosciamo: 7 ragazzi rinchiusi nel carcere minorile Beccaria di Milano sono evasi. A Natale! Ma chi sono i ragazzi che finiscono in carcere? Sono quelli che abbiamo cercato di raccontare nel brano “I bambini di laggiù”, e in “Giorgio”. Adolescenti emarginati, poveri e stranieri, sfruttati e dimenticati dagli adulti e dalla politica. Tanto scalpore se evadono alla ricerca di vita ma poi lasciati marcire e anche morire in carcere come nell’altra nostra canzone “Vita detenuta”.

Ora forse tocca farci qualche domanda partendo proprio da Beccaria.

Cesare Beccaria, milanese, marchese, visse nel ‘700 e fu un giurista. Scrisse la famosa opera “Dei delitti e delle pene” con cui si schierò contro la tortura e la pena di morte, considerate inutili. Ma soprattutto – riflettendo sugli scopi della pena – sostenne essa dev’essere l’extrema ratio e tendere alla rieducazione. E ciò ancor di più deve valere nei confronti dei ragazzi, degli adolescenti, dei minorenni. E se all’epoca tali principi gli costarono la messa all’indice dei libri proibiti successivamente divennero le basi di un nuovo approccio alla questione tanto da essere riconosciuti dalla Dichiarazione dei diritti del fanciullo approvata dall’ONU nel 1924 e da diventare fondanti della nostra Costituzione il cui art. 27 recita: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

Ecco il senso del nome dato al carcere minorile di Milano, perché in quel carcere si volevano applicare i principi di Beccaria: rieducare, recuperare i ragazzi alla vita sociale. Un carcere modello, quasi un non carcere. All’improvviso scopriamo che in quel carcere i ragazzi non ci vogliono stare, evadono, si danno alla fuga, si sentono abbandonati, hanno perso ogni speranza di tornare ad una vita normale. Abbandono: parola chiave! Come recita la porta dell’inferno dantesco “Lasciate ogni speranza voi ch’entrate”. Tante parole, nessun progetto, nessun programma, nemmeno il direttore. Buio, oblio e chiavi buttate o perse, chissà, nessuno ricorda dove sono state messe. Poi ci siamo noi che ogni tanto veniamo svegliati da fatti eclatanti, per tornare a dormire sonni tranquilli o forse agitati ma solo per chi ha figli piccoli. Un mio compagno d’infanzia, fece un furto di bottiglie di liquori in un bar a 10 anche se non beveva… e finì in una casa di correzione a Catanzaro. Ma non venne dimenticato né dalle istituzioni né soprattutto dai genitori e ora fa una vita come tutti gli altri con figli adolescenti in gamba. Il disagio e la delinquenza giovanile non nascono certo oggi. Basta ricordare la baby gang di “C’era una volta l’America”, il film capolavoro di Sergio Leone con Robert De Niro. Ma oggi abbiamo smesso, dimenticato di occuparcene. La realtà è ciò che non vediamo… mentre nelle carceri, nel Beccaria e fuori dal Beccaria, si consuma un degrado umano senza fine né confine. Occhio non vede e cuore non duole ma anche se vede chi se ne frega, c’è ben altro a cui pensare. E se proprio a qualche politico tocca occuparsene, possiamo suggerire qualche idea per risolvere il problema: criminalizzare i giovani, chiudere tutti gli spazi di libertà e autogestione, vietare raduni, rave e, soprattutto, eliminare la fornitura di lenzuola nelle carceri per prevenire ulteriori evasioni, specie a Natale. Non sia mai che tornino a disturbare il nostro sonno.

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